La protesta e i movimenti
Photo Angela Christofilou
2019: l’anno ribelle
Il 2019 ha visto
un’esplosione senza precedenti di proteste in ogni parte del mondo, dai giovani
di Fridays for Future alle proteste di Extinction Rebellion agli
arrabbiatissimi studenti di Hong Kong: assomiglia ad un altro anno ribelle, il
Sessantotto. Allora gli studenti in tutto il mondo insorsero contro
l’autoritarismo e la bigotteria dei sistemi scolastici e universitari
innescando una miccia di ribellione che accese altre proteste sociali contro
l’ingiustizia e la repressione delle minoranze, dai nativi americani ai maori
della Nuova Zelanda. Dopo cinquant’anni a scendere nelle piazze e sulle strade
sono di nuovo i giovani, anche i giovanissimi, che reclamano attenzione per
l’emergenza climatica ed ecologica. Ma esattamente come nel ’68 altre proteste
sono divampate, non per l’emergenza climatica ma per l’ingiustizia sociale. I teenagers
negli Stati Uniti si sono organizzati contro la violenza causata dalle armi e
si sono raggruppati attorno a candidati progressisti; gli studenti ad Hong
Kong dal 15 marzo 2019 hanno protestato con grande tenacia, intelligenza,
raccogliendo attorno a sé il consenso della popolazione che non si è lasciata
ingannare dalle dimostrazioni di violenza causate dalla stessa
polizia. Infatti, nelle elezioni locali di dicembre attese da tutti,
incluse le autorità cinesi, per verificare l'impatto che otto mesi ininterrotti
di proteste avevano avuto sulla città, sono state una vittoria schiacciante
dei giovani studenti i cui rappresentanti hanno raccolto il 90% dei consensi
nelle urne.[2] Dall’altra parte del
globo, in Sud America, in particolare in Cile i giovani sono scesi nelle piazze
per chiedere maggiore democrazia e hanno dimostrato per settimane nonostante i
numerosi morti e arresti e l'uso della violenza intimidatoria da parte della
polizia. Lo stesso è accaduto in Iraq e Iran.
Greta arriva sulla
scena internazionale e il movimento da lei ispirato Fridays for Future
diventa virale. Dalla fine del 2018, decine di migliaia di
studenti in tutta Europa incominciano a saltare la scuola il venerdì per
protestare contro l'inazione dei loro leader politici sull’emergenza
climatica. Nel gennaio 2019, in Belgio, 35.000 bambini protestano seguendo
l'esempio di Greta. Il movimento ha una notevole risonanza tanto
che quando una ministra belga insulta gli scioperanti, la
reazione del pubblico è tale che è costretta a dare le dimissioni.
Nel settembre del
2019 dall'Islanda alla Papua Nuova Guinea, dalla città di Johannesburg a
Madras, circa 7 milioni di persone di tutte le età protestano. I loro
cartelli raccontano una storia: "Il mondo è più hot di Leonardo Di
Caprio", "Ogni film sulla fine del mondo inizia con un scienziato che
non è stato ascoltato" "Anche i dinosauri pensavano di avere
tempo" e ancora più catastrofici “Voi morirete di vecchiaia, noi di
cambiamento climatico”.
In Gran Bretagna,
per tutto l’arco del 2019, la scena viene monopolizzata dalle azioni
spettacolari di Extinction Rebellion; baldanzoso e determinato, lancia
le “proteste di aprile” che si sono protratte per undici giorni ininterrotti,
causando grandi disagi alla città di Londra. Gli arrestati sono quasi 1200, tra
di loro vi sono anche ottantenni, molti “over50”. I media e le
televisioni accusano i membri di Extinction Rebellion di essere giovani
borghesi, rampolli di famiglie benpensanti, presuntuosi e arroganti con la
pretesa di rampognare la pubblica opinione su quello che è giusto. Qualcuno
ricorda le reazioni inviperite della stampa e televisione dopo i primi giorni
di proteste e i commenti per niente gentili che famosi presentatori hanno
rivolto ai giovani intervistati di XR. Rammenta uno di loro: “La stampa
corporativa ha tutta in blocco reagito allo stesso modo. Non si è dimostrata
interessata a comprendere, addirittura a farci parlare. Invece questo movimento
ha mostrato a tutti che la disobbedienza civile funziona. Che non usare la
violenza funziona. Che scendere in piazza e cercare di attirare l'attenzione
sul problema ambientale funziona e che quindi in tutto il mondo dovrebbero
imitare quello che sta facendo Extinction Rebellion”. Nelle proteste di
autunno iniziate il 7 ottobre 2019 e protratte per dodici giorni, il movimento
si è presentato all’appello con un fronte allargato e diversificato. Hanno
schierato sulle strade londinesi e nelle maggiori città inglesi: le
famiglie, le mamme, i nonni, i dottori, gli insegnanti, gli
scienziati, gli scrittori, dimostrando che la loro non era la protesta di un
gruppo di studenti della media borghesia ma era il grido d'allarme prima
accolto e poi rilanciato da una grande fascia della popolazione. Dopo
appena cinque giorni di proteste gli arresti erano già arrivati a 1700 e il
movimento dimostrò ancora una volta di avere una grande capacità di attrazione
trasversale, tra le generazioni e gli strati sociali.
Extinction
Rebellion ha creato
una nuova narrativa sulla crisi climatica.
Ha stimolato un dibattito sul caos climatico e sulla distruzione dell'ambiente
che per decenni era respinto da qualsiasi agenda politica. Anche le proteste di
XR mostrano il sorgere di una cultura diversa: se da una parte i politici
incoraggiano le persone all'ostilità e all'individualismo, i ribelli di XR
invece lavorano insieme e fanno sforzi notevoli per ascoltare e andare oltre la
retorica corrente della politica, della cultura, e proporre un nuovo dialogo.
La forma stessa della loro ribellione è diversa: non è un fiume ordinato di
dimostranti che inondano le strade con i loro striscioni ma è un misto di
azioni che includono numeri da circo, processioni funebri, 400 alberi lasciati
davanti al parlamento per i deputati affinché li piantino, mamme con i loro
neonati che allattano davanti la sede di Google, un matrimonio celebrato sul ponte
di Westminster.
Il 2019 verrà
ricordato come l’anno che ha riportato alla ribalta in modo drammatico e con
tutta l’urgenza necessaria la questione ambientale, ecologica e climatica. E
questo grazie alla convergenza di più fattori decisivi. L’arrivo sulla
scena di Greta e la grande presa che riesce ad avere sull’opinione pubblica,
gli scioperi dei giovani Fridays for Future, le proteste di XR che da
Londra divampano come un fuoco portato dal vento, dapprima nel resto
dell’Inghilterra e poi nel mondo. Ultimo ma non meno importante il supporto
decisivo dei benefattori ambientali che si sono mobilitati con un tempismo
sincronico per sostenere finanziariamente l’espandersi delle proteste dei due
movimenti. Strumentale l’aiuto delle organizzazioni mainstream sul
territorio, Greenpeace, Amnesty International, Oxfam, Slow Food che dalle loro
sedi internazionali hanno offerto aiuto logistico, il loro expertise e i
loro membri che si sono uniti alle proteste con i loro corpi.
Concludo con
un’ultima riflessione: il 2019, con l’affermarsi della protesta nonviolenta e
della resistenza civile di massa, segna, a mio avviso, l’inizio di una nuova era.
Questa forma di protesta abbracciata da migliaia di persone in tanti paesi del
mondo ha mostrato il suo volto efficace, democratico, creativo. Si è sdoganata
dal mito un po’ ingombrante dei suoi rappresentanti più famosi del secolo
scorso, Gandhi e Martin Luther King, per diventare uno strumento accessibile a
tutti. Non c’è bisogno di enormi sacrifici, di sangue versato, si può fare con
poco e lo possono fare tutti. Non c’è bisogno di essere eroine nè eroi.
[1] Questo articolo è un rifacimento di parti tratte
dal mio libro “Extinction Rebellion e la rivoluzione ambientale”, Multimage,
2020
[2] Purtroppo, nei primi mesi del 2021 è successo esattamente quello che aveva
pronosticato Naomi Klein, le autorità di Hong Kong hanno approfittato della disattenzione
generale causata dalla pandemia per mettere in atto i loro piani repressivi,
incarcerare i giornalisti e gli studenti del movimento e cosa peggiore far
passare delle leggi restrittive che hanno ridotto le libertà di protestare
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